Betlemme
e Greccio sono due nomi inseparabili nei ricordi natalizi di ogni
anno poiché, se a Betlemme si operò il mistero della divina
incarnazione del Salvatore del Mondo, a Greccio, per la pietà di San
Francesco di Assisi, ebbe inizio, in forma del tutto nuova, la sua
mistica rievocazione. La prima volta che San Francesco venne a
Greccio fu intorno al 1209.
In
quegli anni la popolazione di Greccio era esposta a grave flagello:
la zona infatti era infestata da grossi lupi che divoravano anche le
persone, ed ogni anno campi e vigneti erano devastati dalla grandine.
“E
accadde, per disposizione divina e grande ai meriti del padre Santo,
che da quell'ora cessassero le calamità”.
Egli
non abitò nel castello, ma si costruì una povera capanna tra due
carpini sul Monte Lacerone, detto appunto di San Francesco, monte
alto 1204 mt. ove sorse nel 1712 una cappellina Commemorativa. San
Francesco da li si recava, durante la giornata, a predicare alle
popolazioni della campagna. Gli abitanti di Greccio presero ad amare
Francesco e giunsero a tale punto di riconoscenza, per la sua grande
opera di rigenerazione, da implorarlo perché non abbandonasse i loro
luoghi e si trattenesse sempre con loro.
Tra
coloro che andavano a sentire la parola del piccolo frate, c'era
Giovanni Velita, il castellano di Greccio che divenne un “innamorato”
del Santo. Dal 1217, Giovanni divenne uno dei migliori amici di
Francesco e si prodigò per onorare nel miglior modo possibile quest'
uomo, che già aveva manifestato i segni della santità. E mentre
Francesco dimorava nella misera capanna ebbe le visite di Giovanni
Velita, il quale, un po' grosso di costituzione, un giorno gli chiese
di scegliere una dimora più vicina per confortare lui e il suo
popolo con la sua parola.
Francesco
comprese la sincerità di tale proposta e l'accettò volentieri
dicendo che avrebbe rimesso la scelta della nuova dimora, non alla
sua volontà, ma ad un tizzo lanciato in aria da un fanciullo.
La
leggenda o verità non accertata, racconta che trovato un fanciullo
di quattro anni lo si invitò a lanciare il tizzo in aria. Obbedì il
fanciullo: "et el focoso tizzone, si come un dardo dall'arco
scoccato, volando veloce se ne andò ad incendiare una selvaggia
selva, sopra da un monticello, il quale d'appartenenza era del
Velita, et tutto questo fece, alla lunghezza de uno bon miglio et
più".
Stupiti
i Grecciani di tanto miracolo si recarono, con Francesco e con
Giovanni Velita, al luogo ove era caduto il tizzo.
Questa
località ripida e scoscesa fu scelta come nuova dimora del Santo.
Francesco
amava l'eremo di Greccio, e aveva una predilezione anche per gli
abitanti di quella terra, per la loro povertà e semplicità, perciò
si recava spesso a soggiornare lì, attirato inoltre da una celletta
estremamente povera ed isolata dove il Padre santo amava
raccogliersi. A proposito degli uomini di Greccio soleva dire tutto
felice ai frati: " non esiste una grande città dove si sono
convertiti al Signore tante quante ne ha un paese così piccolo."
Nell'autunno
del 1223 Francesco si trovava a Roma in attesa dell'approvazione
della Regola definitiva scritta per i suoi frati e presentata al
Pontefice Onorio III°.
Il
29 Novembre di detto anno ebbe la gioia di avere tra le mani la
regola munita di bolla pontificia.
Siamo
ormai alle porte dell'inverno e un pensiero assillante dominava la
mente di Francesco: l' avvicinarsi della ricorrenza della nascita del
Redentore.
Il
poverello di Cristo, nella sua innata semplicità si fece audace, e
durante l'udienza pontificia, concessagli per lo scopo suddetto,
umilmente chiese al Papa la licenza di poter rappresentare la
natività.
Infatti,
dopo il viaggio in Palestina, Francesco, rimasto molto impressionato
da quella visita, aveva conservato una speciale predilezione per il
Natale e questo luogo di Greccio, come dichiarò lui stesso, gli
ricordava emotivamente Betlemme. Tormentato dal vivo desiderio di
dover celebrare quell’anno, nel miglior modo possibile, la nascita
del Redentore, giunto a Fonte Colombo, mandò subito a chiamare
Giovanni Velita, signore di Greccio, e così disse: "Voglio
celebrare teco la notte di Natale. Scegli una grotta dove farai
costruire una mangiatoia ed ivi condurrai un bove ed un asinello, e
cercherai di riprodurre, per quanto è possibile la grotta di
Betlemme! Questo è il mio desiderio, perché voglio vedere, almeno
una volta, con i miei occhi, la nascita del Divino infante."
Il
cavaliere Velita aveva quindici giorni per preparare quanto Francesco
desiderava e tutto ordinò con la massima cura ed " il giorno
della letizia si avvicinò e giunse il tempo dell'esultanza!".
Da
più parti, Francesco aveva convocato i frati e tutti gli abitanti di
Greccio. Dai luoghi più vicini e lontani mossero verso il bosco con
torce e ceri luminosi. Giunse infine il Santo di Dio, vide tutto
preparato e ne gode.
Greccio
fu così la nuova Betlemme!
Con
somma pietà e grande devozione l'uomo di Dio se ne stava davanti al
presepio, con gli occhi in lacrime e il cuore inondato di gioia.
Narra
Tommaso da Celano: "fu talmente commosso nel nominare Gesù
Cristo, che le sue labbra tremavano, i suoi occhi piangevano e, per
non tradire troppo la sua commozione, ogni volta che doveva
nominarlo, lo chiamava il Fanciullo di Betlemme. Con la lingua si
lambiva le labbra, gustando anche col palato tutta la dolcezza di
quella parola e a guisa di pecora che bela dicendo Betlemme, riempiva
la bocca con la voce o meglio con la dolcezza della commozione".
E
narrasi ancora come vedesse realmente il bambino sulla mangiatoia,
scuotersi come da un sonno tanto dolce e venirgli ad accarezzare il
volto.
Un
cavaliere di grande virtù e degno di Fede, il signore "
Giovanni da Greccio" asserì di aver visto quella notte un
bellissimo bambinello dormire in quel presepio ed il Santo Padre
Francesco stringerlo al petto con tutte e due le braccia.
La
narrazione della visione di questo devoto cavaliere è resa credibile
non solo dalla santità di colui che la vide con i suoi occhi, ma è
confermata anche dai miracoli che ne seguirono: come quello della
paglia di quel presepio, che serviva per sanare in modo prodigioso le
malattie degli animali ed ad allontanare le pestilenze, per la
misericordia del Signore.
Così
ebbe origine il tradizionale Presepio che si costruisce in tutto il
mondo Cristiano, per ricordare la nascita del redentore.
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